Mamma, greca. Padre, persiano. Nazionalità, tedesca. Si chiama Arman Jafri il primo, e finora unico, Sake Sommelier di tutta la Svizzera certificato in Giappone.
E dove l’abbiamo incontrato? Al The Chedi di Andermatt, naturalmente!

Perché naturalmente, chiederete voi? Perché The Chedi, membro dei Leading Hotels of the World e dei Swiss Hotel Deluxe e primo albergo europeo del brand asiatico GHM, è uno degli alberghi più chic, inconsueti ma allo stesso tempo accoglienti che abbia mai avuto la fortuna di vedere. Anzi di provare.

Ma cominciamo con ordine.
Siamo appunto ad Andermatt, piccolo villaggio circondato delle Alpi su un altipiano a 1.440 m di altezza. Fino a qualche tempo fa era noto ai più solo per aver ospitato nel 1964 le riprese e la troupe di Goldfinger, Sean Connery e la sua Aston Martin inclusi, e per aver dato i natali a una delle star dello sci svizzero, il campione olimpico di discesa di Sapporo Bernhard Russi (non vi preoccupate se avete meno di 40 anni e non lo conoscete: si parla dell’epoca di Thoeni e compagni!) che ancora oggi detiene un ruolo importante nella promozione della località.

Importante nodo commerciale nell’Ottocento, grazie alla sua posizione strategica al crocevia tra Ticino, Grigioni, Svizzera tedesca e Vallese, Andermatt ha conosciuto un lento declino dal punto di vista mercantile con l’apertura del primo tunnel del Gottardo, nel 1882 che di fatto, passando sotto il villaggio, lo tagliò fuori dalle rotte di scambio e da quelle turistiche.

E così il primo grande albergo, il Bellevue – che aveva aperto i battenti nel 1872 con ospiti illustri come la Regina Vittoria, Charles Dickens e Goethe – si riconvertì al turismo termale e del benessere, ma tra le due guerre il suo successo andò scemando e chiuse i battenti dopo la Seconda guerra mondiale. L’edificio fu abbattuto nel 1986, ma è proprio su questo terreno che è cominciata la rinascita del villaggio, con l’apertura nel 2013 di The Chedi Andermatt.

Ci fu poi il periodo della base militare, e nei fianchi della montagna si trovano innumerevoli fortezze dell’esercito svizzero, fino a pochi anni fa top secret.
Uno di questi bunker scavati nella montagna, il Sasso San Gottardo, che custodisce il più grande agglomerato cristallino mai rinvenuto nelle Alpi, si può visitare. La regione infatti è nota fin dal Medioevo per i suoi splendidi cristalli e i suoi “cristallari”, i cercatori, che oramai sono solo 15. Nel centro del villaggio storico incontriamo Bänz Simmen, il più grande conoscitore della geologia di questi luoghi, che d’estate si propone come guida per visite con questo tema nelle montagne.
Ma anche l’epoca dei militari si conclude alla fine della Guerra Fredda, e da quel momento Andermatt, con gli alberghi a tre stelle e le pensioni ospitate in edifici antichi, è stata frequentata quasi esclusivamente dagli amanti del freeride, grazie al particolare microclima che garantisce neve abbondante e fuoripista indimenticabili tutto l’inverno sul massiccio dello Gemsstock, adatto a sciatori esperti.

Questa “pausa di riflessione” – se così possiamo definire il periodo di relativa crisi del turismo – ha permesso di saltare a piè pari la fase di sviluppo degli anni Settanta che ha deturpato molte delle nostre montagne con edifici orribili, consentendo al villaggio di rimanere autentico.

La nuova era

La svolta qualche anno fa, con l’intervento dell’investitore egiziano Samih Sawiris, Ceo di Orascom, che acquistò un milione di mq di terreno alle porte del villaggio per un progetto integrato che si chiama Andermatt Swiss Alps, di cui il Chedi è solo il primo importate tassello.
Del progetto fanno parte anche un albergo a 4 stelle dalla vocazione leisure ma anche congressuale – è di questi giorni la notizia che sarà gestito da Radisson – e la costruzione nel tempo di 500 appartamenti e di 25 ville alle porte del villaggio storico, dove già sorge il campo da golf a 18 buche. Rifiniti di tutto punto e arredati in stile alpino contemporaneo, saranno suddivisi tra 42 unità abitative di diverso livello e prezzo.

La società Andermatt Sedrun Sport, nello stesso tempo, agisce sul fronte degli impianti di risalita, con sette nuove sciovie e seggiovie in progetto, di cui una firmata Porsche. Al momento sta sviluppando sui monti di Nätschen il comprensorio sciistico Andermatt-Sedrun che offrirà, una volta completato, più di 120 chilometri di piste.

Ma torniamo al The Chedi Andermat*****L, che in un giorno qualsiasi di novembre, è cioè prima dell’apertura della stagione invernale, è già decisamente pieno. Non c’è da stupirsi se si pensa che è stato designato Hotel dell’anno 2017 dalla guida Gault Millau, ma questo è solo uno dei numerosi riconoscimenti ricevuti.

Sven Flory, Direttore Sales & Marketing, ci accoglie nella hall dai soffitti a tutta altezza e ci accompagna nelle nostre camere, che sono una delle più belle sorprese dell’hotel. Effetto Wow garantito. Disegnate dall’architetto Jean Michel Gathy – autore di tutto il complesso, che sposa il calore dello stile alpino con la dolcezza e di quello asiatico – le stanze e suite sono 123, di sei diverse categorie.

Le più piccole, se così si può dire, misurano 52 mq, e sono arredate con letti artigianali di Hästens, (probabilmente i più costosi del mondo), pavimenti di legno di quercia, grande divano in pelle, gigantografie in bianco e nero e caminetto che si apre sulla stanza e sulla terrazza esterna, permettendo si soggiornare fuori anche quando le temperature sono rigide. La sala da bagno, che si può aprire sulla stanza grazie a pareti scorrevoli, ha un angolo cabina armadio, due lavandini, vasca separata e doccia a pioggia. La più grande delle suite, la Furka suite, può ospitare in 330 mq fino a 8 persone, che hanno a disposizione anche una spa privata.

Sono i caminetti sparsi ovunque, più di 200 si dice, la cifra stilistica di questo hotel che si potrebbe definire untaggable, incomparabile, nel suo stile e nella sua atmosfera.

L’hotel ha una bella Spa di 2.400 mq su due piani, con una lunga piscina di 35 m perfetta per nuotare, una vasca esterna riscaldata circondata dalla neve, una wet area con saune finlandesi e bio, bagno turco, percorso Kneipp e una grande piscina idromassaggio dallo stile orientale. I trattamenti provenienti dall’Estremo Oriente sono eseguiti nelle 10 suite Deluxe-Spa seguendo i principi curativi tradizionali asiatici.

L’offerta gastronomica ruota intorno a The Restaurant, il ristorante principale, con quattro cucine a vista dove vengono preparate ricette europee, svizzere e fusion e un breakfast che vale un pranzo.
Si possono degustare piccole prelibatezze anche nella Lobby, che serve l’Afternoon Tea, al bar, al Courtyard intorno alla pista di pattinaggio quando è bel tempo, allo Chalet, nella Wine & Cigar Library, o alla Club House del golf.
Il tocco orientale è offerto dal Japanese restaurant, che propone sushi, sashimi, teppanyaki e tempura accompagnati da una vasta selezione di sake e che ha 16/20 punti Gault Millau.

Noi abbiamo avuto il privilegio la prima sera di essere serviti nella saletta privata, riservata a 8 commensali, e il secondo giorno di degustare i diversi sake alla Table du chef del ristorante principale, scoprendo gusti, aromi e le insolite creazioni di Arman Jafri, un’esperienza unica che si può vivere solo qui e con cui ho cominciato il mio racconto.

Un’altra cosa che mi ha colpito in questo “mond à part” è lo Ski Butler che – in una lounge dove gli sci e gli scarponi sono esposti ad arte – ti viene a prendere per offrirti una cioccolata calda mentre si occupa del tuo equipaggiamento, ti aiuta a indossarlo e ti accompagna fino agli impianti di risalita.

Tutte esperienze all’altezza della clientela internazionale che si dà appuntamento qui, anche in occasione di interessanti combinazioni Beach & Snow (il Chedi ha una strutture anche a Muscat, in Oman, oltre che a Bali e in Vietnam), e che sa apprezzare il giro in elicottero o il transfer da Zurigo in Porche o in Aston Martin, ma anche una salutare passeggiata con le ciaspole in una valle laterale molto tranquilla, quella di Goetschen, seguita da un bagno nella vasca esterna di acqua calda e da una gustosa fondue al formaggio in una capanna di pietra e legno lasciata ancora come era una volta.

Prima di partire, col treno che in sole due ore e mezza riporta a Milano, (ma qui si ferma anche il Glacier Express che collega St Moritz e Zermatt) un sorridente René abbigliato con i vestiti tradizionali ci saluta con il suo corno svizzero, a ricordarci ancora una volta come in questa valle – ora investita da uno sviluppo edilizio senza precedenti, che rispetta però la tipologia abitativa dei luoghi – sia ancora viva la tradizione.

Autore

  • Laureata in Geografia, giramondo e appassionata di fotografia, Roberta F. Nicosia parla quattro lingue ed è la nostra inviata speciale. A dieci anni, complice la copia di National Geographic che ogni mese trovava sulla scrivania e i filmini Super8 del papà, sapeva già dove erano il Borobudur, Borocay o Ushuaia e sognava di fare il reporter. Sono suoi quasi tutti gli articoli sulle destinazioni e le foto apparsi sul nostro Magazine. Dopo una parentesi con ruoli manageriali nel campo della comunicazione e dell’advertising, si è dedicata alla sua vera passione e negli ultimi vent’anni ha collaborato con riviste leisure come Panorama Travel, D di Repubblica, AD, specializzandosi poi nel MICE con reportage di viaggio, articoli su linee aeree e hotellerie. È stata caporedattore e direttore di diverse riviste di questo settore, e ha pubblicato una trentina di Guide Incentive con la collaborazione degli Enti del Turismo italiani.

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