Viviamo in un’epoca dove l’immagine spesso conta più della sostanza, dove il marketing ha imparato non solo a vendere prodotti, ma anche a costruire maschere. Tra le più insidiose c’è quella del “successo aziendale“, una narrazione confezionata con cura da molte imprese che, pur navigando in acque incerte o addirittura tempestose, scelgono di apparire solide e floride. Tale procedura, frequente soprattutto in sede di ostentazioni costruite ad hoc per “gettare fumo” negli occhi di aziende o clienti con il quale si sta avviando una collaborazione o una vendita, tenta di innalzare il brand reputation il più delle volte senza avere una concreta struttura che possa poi reggere l’operazione commerciale, evidenziando strategie aziendali gestite “alla giornata” che si trasformano in veri e propri “harakiri”
E uno degli strumenti più subdoli di questa illusione è la pubblicazione di offerte di lavoro. Scorrendo i portali dedicati, mi capita spesso di imbattermi in annunci entusiastici: ricerche di personale, posizioni aperte “urgentemente”, opportunità apparentemente concrete per giovani e professionisti. Le aziende si raccontano come realtà dinamiche, in crescita, con progetti ambiziosi e obiettivi globali ma a distanza di settimane, talvolta mesi, nessuna risposta arriva, nessun contatto, nessun rifiuto, nessuna voce dall’altra parte.
E allora nasce il dubbio: era davvero una ricerca attiva? Esisteva davvero quella posizione? O si trattava solo di un’operazione d’immagine?
Vi sono dunque aziende che pubblicano annunci fittizi per dare l’idea di essere in espansione, attrattive, competitive, in alcuni casi servono per ingannare investitori, fingendo una crescita inesistente in altri, si vogliono testare gratuitamente i trend del mercato del lavoro, raccogliere CV per “eventuali esigenze future” che non arriveranno mai. In tutti i casi, è una forma moderna di manipolazione.
Molti candidati si sentono ingannati perché dietro a ogni curriculum inviato c’è una persona, una speranza, un tempo dedicato. Quando nessuno risponde, non è solo una mancata opportunità: è un messaggio silenzioso che scivola tra le crepe dell’indifferenza, diventandone causa della sfiducia soprattutto giovanile, in un sistema lavorativo che somma alla frequente mancanza di un giudizio meritocratico, l’inganno verso una categoria emotivamente provata dai continui tentativi alla ricerca di un futuro. Queste pratiche non solo compromettono la fiducia tra aziende e lavoratori, ma generano un clima di sospetto e stanchezza e le aziende perdono una cosa fondamentale: la credibilità.
In un mondo dove tutto è comunicazione, la trasparenza dovrebbe essere l’unico vero vantaggio competitivo perché una reputazione si costruisce con i fatti, non con le apparenze. E oggi, più che mai, c’è bisogno di verità, non di vetrine. Forse è tempo che anche il mondo del lavoro impari a rispettare il tempo, la dignità e l’intelligenza delle persone. Perché dietro ogni “candidatura non vista” c’è una storia, e nessuna storia merita di essere ignorata.