In questi ultimi anni, il settore alberghiero sta affrontando una seria difficoltà nel reperire personale qualificato, in particolare nei reparti di cucina e ristorante. Questa problematica sta avendo un impatto significativo sull’operatività delle strutture ricettive, mettendo a rischio la qualità del servizio offerto e seppur io ne abbia scritto in un post relativamente recente vorrei ritornare su un argomento talmente grave per via di un episodio durante un mio recente incontro professionale. Un neo albergatore mi ha confessato di non voler aprire la struttura perché non riesce a trovare personale soprattutto nel settore cucina, mettendo a repentaglio ingenti capitali investiti per la struttura.      

Ma quali sarebbero le cause di questa carenza di lavoratori?

I motivi per cui molte persone evitano di lavorare in hotel, specialmente in cucina e ristorante, sarebbero legate alle condizioni di lavoro, alle retribuzioni non sempre adeguate e alle prospettive di carriera. Orari sono spesso lunghi e irregolari, con turni che comprendono weekend, festività e orari serali renderebbero difficile la vita professionale con quella personale, inoltre, il carico di lavoro è spesso intenso, con ritmi serrati che aumentano il livello di stress e il rischio di burnout. In aggiunta, la grande richiesta di personale non fa lievitare gli stipendi offerti, non competitivi rispetto ad altri settori con condizioni di lavoro più regolari e meno stressanti, in particolare, per ruoli di base come camerieri e aiuto cuochi, la paga non sempre rispecchia l’impegno e la fatica richiesti. In effetti, l’incremento delle paghe nel settore alberghiero e ristorativo è stato costantemente penalizzato e ciò si potrebbe dedurre dai dati ISTAT dove l’inflazione cumulata dal 2007 ad oggi risulta essere vicina al 38% quindi al netto dei rincari, le retribuzioni dei lavoratori si sono ridotte di circa il 10%. È anche noto che, la gestione di strutture nel settore alberghiero ha un profilo di redditività alquanto basso in quanto il volume di costi non permette di generare un controvalore adeguato e conseguentemente le retribuzioni risultano essere inferiori rispetto ad altri settori come l’industria o quelli relativi all’innovazione. Parte del problema dunque è da imputare ai costi di gestione i quali non permettono di creare utili adeguati all’imprenditore che di riflesso si rivale sulle retribuzioni dei lavoratori.      

Possibili soluzioni?

La centralità delle soluzioni risiede innanzitutto in un abbattimento dei costi di gestione. Pervenendo a una diminuzione costante della spesa si riuscirebbe a garantire una condizione lavorativa migliore e quindi una fidelizzazione delle figure professionali verso l’azienda. Ciò che manca a una gran parte dell’imprenditoria alberghiera è la consapevolezza che la gestione di un albergo o di un ristorante è notevolmente cambiata rispetto a pochi anni fa (oserei dire che la linea di demarcazione tra le due metodologie è fortemente segnata dall’avvento della scorsa pandemia) e il “modus operandi” necessita di un cambiamento strutturale che coinvolge alcuni passaggi obbligati come ad esempio, l’efficientamento energetico quale spesa rilevante di gestione, l’ottimizzazione degli acquisti, l’investimento sulle attrezzature “salvatempo” (ad esempio in cucina preferire forni combinati intelligenti, sottovuoto e abbattitori di temperatura di ultima generazione, robot multifunzioni, software per la gestione delle scorte e del food cost), la formazione costante del personale per aumentare la produttività e ridurre gli errori.

Altro elemento di pari importanza e nel maggior parte dei casi assente è la creazione di un ambiente di lavoro positivo, promuovendo il lavoro di squadra, organizzando eventi aziendali e garantendo una comunicazione trasparente dove vige una disciplina dosata con gentilezza, lontana dai modelli stereotipati di certe trasmissioni televisive di “cooking contest”. La possibilità di avanzamenti interni e il riconoscimento del merito poi possono aumentare la motivazione e il senso di appartenenza. Bisognerebbe altresì semplificare le procedure burocratiche per assumere lavoratori stranieri per risolvere la carenza di personale, le normative spesso rendono difficile il processo di assunzione ed uno snellimento di queste procedure unitamente a programmi di integrazione culturale potrebbe essere una soluzione efficace.

Ma il cambiamento più importante resta in capo alla dirigenza operativa, in parte rimasta ancorata a vecchi cliché antidiluviani i quali necessitano di una revisione drastica nel “modus operandi” e coadiuvata a mio avviso, dall’obbligo di aggiornamenti periodici per mantenere lo status di operatore alberghiero.    

Se il settore alberghiero vuole superare questa sfida, deve adattarsi alle nuove esigenze ed investire in un modello di gestione diverso dal passato, solo così sarà possibile garantire un servizio di qualitativo ed attrarre nuove generazioni di professionisti motivati.

Autore

  • Mino Reganato si occupa di gestione del management e del marketing di strutture ricettive e tour operator da lungo periodo, vantando numerose esperienze in diverse località nazionali ed internazionali.  Amministratore di società operanti nel settore turistico-alberghiero ed in campo associativo nella sua lunga carriera ha partecipato a numerosi progetti per il destination management territoriale, disciplina di cui è anche formatore oltre ad aver ricevuto diversi premi nel settore turistico-alberghiero. Scrive articoli di approfondimento relativi al settore turistico e alberghiero per il suo blog Hotel & Tourism Management Group e occasionalmente per alcune testate giornalistiche online.

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