Nemmeno un mese fa abbiamo parlato dei chatbot come della novità del momento.
Ricordate che cosa dicevamo? Se volete rinfrescarvi la memoria andate a rileggervi quella #impressions. Fatto? Bravi! Adesso però dimenticatevi tutto, perché il mondo sta già cambiando: Facebook ha appena dichiarato guerra ai bot!
Cioè, con una mano ha appena lanciato il suo bot personale “M”, ma con l’altra ha appena chiuso Instagress, il servizio di follower-bot che consentiva la creazione di un account automatizzato su Instagram, così da distribuire like e commenti un po’ ovunque (ottenendo di aumentare i propri follower e le interazioni con il proprio account secondo la logica del follow4follow e del like4like).
Tutto chiaro? No? Tranquilli, non è colpa vostra. Il fatto è che i tempi di reazione di chi lavora dietro le quinte del web, 24/7, per rendere quella dei social un’esperienza inclusiva, immersiva e totalizzante, sono così veloci che è difficile stare al passo.
E allora, ricapitoliamo i fatti.
Metriche fasulle
I bot stanno prendendo così tanto piede che secondo il “Bot Traffic Report”, di Imperva Incapsula (società americana di monitoraggio del web), già più della metà del traffico online è alimentato da intelligenze artificiali anziché da esseri umani. Soltanto su Twitter, per capirci, uno studio della University of Southern California ha stimato che su circa 320 milioni di account, 48 milioni sarebbero bot.
Se, dunque, da un lato l’uso di questo genere di intelligenza artificiale è in crescita perché si tratta di una miniera d’oro per il business, d’altra parte i bot creati per incrementare follower, engagement e interazioni finiscono spesso per “gonfiare” a dismisura queste metriche (la logica del “ti seguo così tu segui me”, “ti metto il like così tu metti al like a me” paga bene in termini di vanity metrics, ma ai fini del business vale meno di zero, soprattutto se dall’altra parte non c’è un utente in carne e ossa, ma un account fasullo gestito da un altro bot). Ne è scaturito, insomma, un effetto domino che rischia di trasformare il sistema in un gigantesco imbroglio collettivo, dannoso per tutti, ma in particolar modo per i social media stessi.
A cosa serve, infatti, una pagina aziendale gestita da bot che interagiscono con account fake?
Un mese fa ci chiedevamo proprio questo e in tempo praticamente reale è arrivata una risposta direttamente dal re dei social media, quel Mark Zuckerberg che avendo speso un miliardo di dollari per aggiudicarsi Instagram e non volendo replicare la parabola discendente di Twitter, ha deciso di fare un po’ di pulizie di primavera spazzando via Instragress e tutti i suoi bot.
Certo, la battaglia è soltanto all’inizio, perché è vero che i bot di Instagress erano i più utilizzati su Instagram, ma è altrettanto vero che esistono centinaia di tool simili ancora attivi e, soprattutto, non esiste solo Instagram. Però è un segnale.
“Move fast”, ma soprattutto “move”!
Il punto però è un altro: i social media hanno un mantra che si può riassumere in due parole: “move fast”. E si muovono così velocemente che si fa davvero fatica a stare dietro a tutte le loro mosse e contromosse. Cosicché ciò che facciamo oggi, perché oggi funziona, potrebbe non funzionare più domani, o addirittura penalizzarci se non ci adeguiamo in fretta al nuovo scenario emergente.
Voi, per esempio, da quanto tempo non aggiornate le vostre pagine social o il vostro sito Internet o le vostre strategie di web marketing, affinché continuino a performare al massimo per la promozione dei vostri prodotti e servizi?
Come dite? Non lo sapete e dovete chiedere all’agenzia? Ahi, ahi, ahi, ahi, ahi!