Le dimore storiche italiane coprono la metà dell’offerta museale italiana, svolgono attività in diversi settori del turismo e della cultura – dall’agroalimentare all’alberghiero, passando per l’organizzazione di eventi – sono un incredibile elemento di attrazione e volano per i territori nei quali si trovano, soprattutto per i piccoli borghi italiani. Una rete culturale ed economica che, a seguito delle misure disposte per gestire l’emergenza sanitaria in corso, rischia di subire perdite dirette per circa 2 miliardi di euro, con le inevitabili ripercussioni sull’indotto che è in grado di generare, calo occupazionale e contrazione dei flussi turistici.

È questa, in sintesi, la fotografia scattata da Fondazione Bruno Visentini che, nell’ambito dell’Osservatorio del Patrimonio Culturale Privato del nostro Paese che coinvolge anche gli studenti del corso magistrale LUISS Cantieri d’Europa, ha analizzato i dati raccolti dall’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI) con un’indagine svolta dal 13 marzo al 5 aprile tra gli associati. L’Osservatorio, nato a inizio anno proprio dalla collaborazione tra ADSI e la Fondazione, con il coinvolgimento di Confagricoltura e Confedilizia e grazie al supporto di Banca Consulia, nel corso del tempo renderà disponibili analisi puntuali sulle ricadute economiche, fiscali e sociali sul territorio del sistema delle dimore storiche private che, secondo i dati a oggi disponibili, rappresentano circa il 17% del patrimonio immobiliare storico-artistico italiano soggetto a vincolo.

La prima di queste analisi ha riguardato proprio l’impatto economico delle misure restrittive disposte dalle autorità per contenere la diffusione dell’epidemia da coronavirus sul sistema degli immobili culturali privati in Italia.

Nel dettaglio, Fondazione Bruno Visentini, considerando le 9.385 dimore storiche che attualmente operano in una o più filiere produttive (il 64% delle 14.725 unità registrate, tra ville, castelli, forte, rocca, torri e palazzi, sul portale Vincoli in Rete del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo) ha stimato in oltre 1,8 miliardi di euro le previsioni di minori ricavi di queste realtà per il 2020, con 30mila posti di lavoro a rischio e tra i 25 e i 30 milioni di visitatori in meno, una perdita, con evidenti ripercussioni sull’indotto dei territori, superiore al 50% dei 45 milioni di persone che annualmente visitano le dimore storiche.

Il settore maggiormente esposto, da un punto di vista economico, sarebbe quello vitivinicolo: i produttori di vino delle dimore storiche rappresentano circa il 30% del totale delle imprese in Italia del comparto e le perdite stimate a seguito dell’emergenza sfiorano il miliardo di euro. Dal punto di vista occupazionale, invece, è il settore ricettivo che pagherebbe il prezzo più alto, con quasi 13.000 posti a rischio, seguito dal vitivinicolo (oltre 10.000 persone a rischio) e dal settore organizzazione eventi (oltre 6.000).

A questi numeri, però, ne vanno affiancati altri che, osservati nella prospettiva della ripartenza del Paese, ripropongono ancora una volta il ruolo, centrale, che le dimore storiche possono svolgere per supportare non solo il settore artistico e culturale italiano, ma più in generale l’economia e lo sviluppo socio-culturale del territorio. Ville, castelli, rocche e palazzi si trovano, infatti, nel 53,7% dei casi in comuni con meno di 20.000 e, in particolare, nel 29% dei casi esse sono nei preziosi borghi italiani sotto i 5.000 abitanti. Proprio quelle zone che potrebbero soffrire maggiormente degli effetti dell’emergenza e faticare nella ripresa. Se, però, si pensa che – secondo l’indice indicato da Symbola – ogni euro investito nella rete delle dimore storiche ha un effetto moltiplicatore superiore al doppio per l’economia dei territori, è evidente come il supporto che verrà dato a questo settore porterà indubbi benefici a tutto il Paese. Non solo per la ripresa economica ma anche per la conservazione di professionalità legate alla tradizione e per la nascita di nuove opportunità lavorative.

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