Con la parziale ripresa dei viaggi e delle fiere in autunno ci sarà la possibilità di ritornare a fare incontri di lavoro all’estero. Si tratta di una grande opportunità, ma è indispensabile prepararsi bene per non commettere errori e rischiare di compromettere, sul nascere, un’importante trattativa. Sapere come comportarsi nelle diverse situazioni può rappresentare un grande vantaggio, soprattutto nel corso dei primi incontri, favorendo la creazione di rapporti di collaborazione e fiducia, indispensabili per il successo del business.
“Lavorare con l’estero – dichiara Sibyl von der Schulenburg, imprenditrice nel settore delle telecomunicazioni e scrittrice – rappresenta una grandissima occasione di crescita personale e professionale, ma è importante conoscere abitudini e usanze delle persone con le quali si interagisce per evitare di commettere errori che possano compromettere le trattative commerciali e/o i colloqui di selezione. Ci sono paesi, pensiamo ad esempio al Giappone, alla Corea o alla Russia, che hanno regole completamente diverse dalle nostre e che non possono essere ignorate. Non tenere in considerazione norme di comportamento che sono ritenute basilari porta a un unico risultato: il fallimento della trattativa commerciale o del colloquio”.
Non c’è mai una seconda occasione per fare una (buona) prima impressione.

I consigli di Sibyl von der Schulenburg

In un incontro di lavoro mai trattare argomenti controversi. Soprattutto agli inizi meglio evitare argomenti personali e quelli che possano apparire scomodi per loro natura, come ad esempio politica o religione. Bisogna lasciare il tempo a tutti i partecipanti all’incontro di sentire la voce e studiare per qualche minuto il linguaggio del corpo degli altri. Argomenti banali come il cibo e il tempo meteorologico sono l’ideale.
Prestare attenzione a usi e costumi di ciascun paese. In Estremo Oriente, prendere un biglietto da visita con una mano sola è considerato poco educato o percepito come un insulto; nella cultura araba, invece, non è ben visto afferrare un documento con la mano sinistra (quella proibita). Si tratta di azioni che, magari, compiamo senza rendercene conto ma che possono essere considerate estremamente offensive all’estero. Tenerne conto è fondamentale.

Stretta di mano, distanza e abbigliamento.

La stretta di mano è sempre stata fondamentale in alcune parti del mondo, almeno prima dell’emergenza Covid-19, ma non in tutte le culture e religioni maschio e femmina possono darsi la mano. Alcune volte è meglio l’inchino accennato accompagnato da un sorriso. Di regola sono da evitare abbracci, pacche sulle spalle o baci sulla guancia. Ogni popolo sembra avere degli usi molto precisi riguardo alle distanze da tenere, ma in generale valgono le regole dettate dalla prossemica per i rapporti con i conoscenti ossia la distanza sociale di almeno un metro in Europa e mezzo metro in più in Estremo Oriente o quando gli interlocutori sono di sesso diverso. Per quanto riguarda l’abbigliamento, invece, è sempre meglio optare per un outfit formale e curato, ma sempre consono all’occasione.

Evitare di chiudere le porte

Il “no” è un termine che andrebbe evitato nelle conversazioni di lavoro in generale, ma in Europa è tollerato se detto in certe tonalità. In altre culture va assolutamente evitato e, per contro, se un interlocutore giapponese risponde di sì a una vostra domanda sta solo dicendo che ha capito cosa avete chiesto. Mai provare a forzare un interlocutore a dare una risposta, in alcune parti del mondo è ritenuto motivo di sospensione dell’incontro.

Controllare il linguaggio del corpo

Non ci rendiamo conto ma siamo abituati a parlare con tutto il corpo, in particolare con i muscoli del viso. Esistono culture in cui la mimica facciale eccessiva non è gradita; ci sono poi linguaggi corporei che hanno un significato da noi ma possono essere interpretati diversamente all’estero. Gesticolare in una sala riunioni a Caserta può essere visto come normale, a Milano come un’abitudine da controllare ma, già a Zurigo è malvisto e ritenuto distintivo di una certa sub-cultura mediterranea.

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