L’ultimo atto del Governo prima della pausa estiva è il decreto legge Asset e Investimenti che al suo interno contiene una norma per cercare di porre un freno all’aumento delle tariffe aeree, cercando di imporre delle regole agli algoritmi che determinano i prezzi. L’intervento arriva probabilmente fuori tempo massimo per la stagione in corso, dato che chi voleva viaggiare in estate ha verosimilmente già prenotato, ma è interessante capire che impatto potrebbe avere in inverno.

Il decreto, infatti. vieta, in presenza di alcune condizioni, la fissazione dinamica delle tariffe aeree in base al tempo mancante dalla prenotazione. La tariffa dinamica sarà vietata quando ricorrono “congiuntamente” le tre seguenti condizioni:

  1. è applicata su rotte nazionali di collegamento con le isole;
  2. avviene durante un periodo di picco di domanda legata alla stagionalità o in concomitanza di uno stato di emergenza nazionale;
  3. conduce ad un prezzo di vendita del biglietto o dei servizi accessori del 200% superiore alla tariffa media del volo.

Il decreto prevede anche un tetto alle tariffe aeree praticabili in continuità territoriale con oneri di servizio pubblico: “L’amministrazione competente – si legge nella bozza – fissa i livelli massimi tariffari praticabili dalle compagnie aeree ove emerga il rischio che le dinamiche tariffarie possano condurre ad un sensibile rialzo legato alla stagionalità o ad eventi straordinari, nazionali o locali”.
L’intento è quindi evitare che si voli a prezzi più che raddoppiati in Sicilia e Sardegna durante le festività, ma la formulazione lascia alcuni dubbi: vietare la tariffa dinamica non sembra impedire di fissare una tariffa fissa a prezzi più alti nel momento in cui non si è in regime di continuità territoriale.

La stretta sugli algoritmi avviene inoltre anche con un’ulteriore norma che invece vieta di determinare la tariffa sulla base di una profilazione dell’utente: sarà considerata pratica commerciale scorretta l’utilizzo di procedure automatizzate di determinazione delle tariffe basate su attività di profilazione web dell’utente o sulla tipologia dei dispositivi elettronici utilizzati per le prenotazioni, quando esso comporti un pregiudizio economico per l’utente.

Sulla bozza del “DL Asset e Investimenti” esprimono le loro perplessità le associazioni IBAR (Italian Board of Airlines Representatives) e Assaereo (Associazione Nazionale Vettori e Operatori del Trasporto Aereo). In una nota le associazioni intanto spiegano che non ricorrono i presupposti per una decretazione d’urgenza poiché i picchi di domanda relativi alla stagione estiva sono superati.

Inoltre, proseguono le associazioni, la decretazione arriva in assenza di un preventivo confronto con i vettori rappresentati dalle scriventi associazioni, che avrebbe potuto restituire informazioni approfondite circa le prassi dell’industria e individuare soluzioni meno punitive per il settore, che ha scontato negli ultimi anni pesanti difficoltà a causa prima della pandemia da Covid-19 e poi per le conseguenze dello scoppio del conflitto in Ucraina quali aumenti spropositati dei costi dei materiali e del carburante.

Secondo le associazioni le previsioni del decreto-legge parrebbero, qualora fossero confermate, in contrasto con le normative di settore applicabili, in particolare dell’art.22 del Regolamento CE 1008/2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità che consente ai vettori titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata da uno Stato membro dell’Unione Europea di scegliere le rotte sulle quali operare e di fissare liberamente le tariffe per il trasporto passeggeri e merci. La possibilità di calmierare il costo dei biglietti aerei è consentita esclusivamente attraverso l’imposizione di oneri di servizio pubblico qualora ricorrano i presupposti di cui all’articolo 16 del Regolamento citato.

Ibar e Assaereo ricordano che l’industria del trasporto aereo opera in un contesto generale di mercato libero e deregolamentato, come definito nel “Terzo pacchetto di misure di liberalizzazione dei Trasporti Aerei” definito dalle istituzioni comunitarie nel 1992 e riorganizzato proprio con il Regolamento CE 1008/2008, che ha portato in questi anni benefici enormi in termini di livelli di occupazione, incremento di frequenze e collegamenti commerciali, aumento della concorrenza e, cosa più importante, accesso al mezzo di trasporto aereo esteso alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani ed europei. Eventuali tentativi di limitare le libertà del settore e la concorrenza che lo contraddistingue potrebbero generare impatti negativi sull’offerta e sui prezzi dei biglietti, a danno della libera circolazione dei cittadini, dell’occupazione diretta e dell’indotto nel settore.

Alla luce di queste considerazioni le associazioni auspicano che le disposizioni ipotizzate possano essere rivalutate a seguito di un costruttivo confronto, da tenersi anche in tempi strettissimi, al fine di individuare soluzioni che contemperino, nel rispetto delle normative applicabili, il preminente interesse alla mobilità dei cittadini italiani con gli interessi dei vettori aerei, che investono risorse e mezzi nel mercato italiano proprio per contribuire a tutelare tale diritto alla mobilità.

Sulla stessa linea, con toni anche più accesi, AICALF, l’Associazione Italiana delle Compagnie Aeree Low-Fare. Per il presidente Alessandro Fonti, il decreto “creerebbe un pericoloso precedente a un settore la cui liberalizzazione ha portato in questi anni benefici enormi ai cittadini italiani ed europei: ogni tentativo di restringere gli spazi di libero mercato – oltre ad essere in contrasto con la normativa europea applicabile – non potrà che avere effetti negativi, e contrari agli obiettivi dichiarati, sull’offerta e sugli stessi prezzi dei biglietti, danneggiando – ovviamente – per primi i consumatori e mettendo a rischio in ultima analisi gli investimenti delle compagnie aeree in Italia e l’occupazione diretta e dell’indotto”.

“Se il governo ha veramente intenzione di agevolare la mobilità dei propri cittadini, e non vuole procedere per spot acchiappa voti” – conclude Alessandro Fonti – “cominci con il rimuovere l’addizionale municipale da tutti gli scali italiani che impatta negativamente, quella sì, sui flussi turistici, sui prezzi dei biglietti e sull’occupazione. Procedendo come sta facendo, invece, la conclusione rischia di essere quella di disincentivare le compagnie aeree a investire nel nostro paese e di tornare quindi a 25 anni fa, quando i voli erano una cosa per ricchi, con conseguenze disastrose per il settore turistico ed effetti negativi per la libera circolazione dei cittadini che volano anche e soprattutto per lavoro, studio o salute.”

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