di Sergio Lombardi, Dottore Commercialista e Socio Fondatore Taxbnb

La situazione degli affitti brevi è precipitata nelle ultime settimane. Prima un emendamento, poi il ritiro dell’emendamento, poi la minaccia di una nuova legge, che limiterà definitivamente le libertà del popolo dell’home sharing.

A rendere ancora più surreale l’atmosfera della possibile riforma, la voragine fra la politica e la società, con la politica apparentemente noncurante degli effetti negativi economici e sociali sugli operatori del turismo extra-alberghiero, e gli operatori finora incapaci di instaurare un dialogo fruttuoso con la politica, nonostante abbiano numeri complessivi di tutto rispetto.

Il settore produce ormai un indotto di miliardi di euro e fornisce ad almeno 200mila cittadini un reddito stabile. Ma il problema sembra essere proprio nella parola stabile. Mentre il reddito stabile da locazione abitativa, che viene pattuito contrattualmente per un periodo pluriennale, non sembra costituire un problema, anzi è uno dei pilastri del PIL, il reddito da locazione breve invece imbarazza molti.

Con la sua crescita vertiginosa a livello di reddito individuale, diffusione e dimensione totale, il fenomeno home sharing in breve tempo ha “occupato” buona parte del settore turistico (secondo gli ultimi dati, ha superato il 50% dei posti letto e delle presenze totali in Italia) e imbarazza i grandi operatori, che si sentono minacciati dal turismo residenziale.

Il reddito da locazione breve imbarazza gli stessi titolari, che non sempre hanno dichiarato e versato al centesimo quanto ricevuto dai portali, nella confusione della “causa Airbnb” e nell’eterno dibattito sulle ritenute, che dura da ormai quasi tre anni.

Il reddito da locazione breve imbarazza lo Stato, perchè non sta generando le risorse sperate (in realtà le entrate da cedolare secca sono state sovrastimate fin dagli inizi, nel 2011).

Il reddito da locazione breve imbarazza anche alcuni professionisti della sfera fiscale e legale, che non mostrano adeguato interesse per un settore costituito prevalentemente da microbusiness familiari e notevole complessità.

Analizzando il fenomeno, e volendo fissare con la nuova legge in arrivo il termine dell’ ”età dell’innocenza”, paradossalmente agli host è mancata proprio la condivisione, per diventare una categoria unitaria.

Molto italicamente, l’individualità degli host in molti casi è divenuta individualismo, il team-working è mancato del tutto e la concorrenza è diventata isolazionismo, con il risultato di essere oggi alla mercè della politica e poter sfogarsi solo sui social, ormai divenuti un moderno Colosseo che decongestiona le tensioni e lascia tutti mansueti, a fine giornata. La generale acquiescenza degli operatori è dimostrata anche dal bassissimo tasso di azioni legali (ricorsi) avverso i provvedimenti illegittimi da parte di host e associazioni, che si contano sulle dita di una mano nell’ultimo quinquennio di historia locativa. E’ un vero peccato che uno strumento efficace di democrazia come il ricorso contro un regolamento illegittimo, non sia nemmeno considerato dalle migliaia di operatori, che però si lamentano continuamente di essere “sudditi”.

A questo punto gli host, oggi divisi fra troppe associazioni, spesso contrapposte fra loro, potranno solo essere spettatori di una ennesima riforma, che rischiano di subire, soprattutto se si limiteranno ad esprimere il loro dissenso solo attraverso il matrix virtuale di Facebook. In questo modo rischiano di dilapidare i risultati di uno dei settori con maggior incremento e dimensione nella nostra economia attuale, con tassi annuali di crescita da “tigre” asiatica.

La rivoluzione è diventata involuzione. Questa potrebbe essere l’ultima occasione per il “popolo Airbnb**” di unirsi e partecipare al cambiamento, governandolo per evitare di subirlo.

**(pur non condividendo, per l’informazione italiana il termine Airbnb prende anche il significato di forma di alloggio e di operatori, che comprendono indistintamente locazioni turistiche, case vacanza, bed&breakfast e affittacamere, imprenditoriali e non)

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