Anni fa ho imparato una grande lezione da un imprenditore che – sospetto confondendo causa ed effetto – mi disse: «Ricordati che l’etica è conveniente».
Credetemi, è una grandissima verità, a patto di non scambiare l’etica per la mera convenienza. Perché non tutto ciò che conviene è necessariamente etico. Se, per esempio, trucchi i dati di bilancio per far apparire più florida la situazione economica della tua azienda, tanto questo reato in Italia è stato depenalizzato, non sei etico: sei soltanto uno che sa di farla franca. E se decidi di rinegoziare unilateralmente il compenso dei tuoi fornitori, perché hai incassato meno di quanto avevi previsto, magari per eccessiva superficialità, non sei etico: sei soltanto uno che tenta di farla franca. O ancora, se nella tua azienda usi software piratato, perché il rischio che ti scoprano è bassissimo, non sei etico: sei soltanto uno abituato a farla franca…
La lezione di Abramo Lincoln sulla comunicazione etica
Attenzione, però, perché tutto questo “farla franca” non soltanto non c’entra nulla con l’etica, ma è anche molto pericoloso. Il giorno in cui si dovesse verificare una congiunzione astrale negativa che porta gli Istituti di Credito a fare qualche verifica in più, il fornitore ad andare per vie legali e la Guardia di Finanza a controllare le licenze software, difficilmente un business così poco solido potrà reggere il colpo senza patirne pesanti conseguenze.
Lo stesso vale per la comunicazione corporate, che per quanto persuasiva e di impatto voglia essere, non deve mai diventare opaca, mistificatrice o peggio mendace, perché come aveva già intuito Abramo Lincoln nel 1858 «Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre».
Gonfiare i dati di vendita del nostro prodotto, per alzare il prezzo o indurre un numero maggiore di utenti all’acquisto, alla lunga non conviene: guardate cos’è successo al Sole24Ore. Mentire sulla qualità e sulla cura dei nostri prodotti e servizi, alla lunga non conviene: guardate cos’è successo alla Amadori. Scaricare la responsabilità dei nostri errori sull’agenzia esterna, sullo stagista o sugli hacker che ci hanno bucato l’account, alla lunga non conviene: guardate cos’è successo all’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino. Perché oggi lo scambio di informazioni offerto dal web, la memoria elefantiaca della Rete e gli strumenti di condivisione delle proprie esperienze possono distruggere la reputazione di un’azienda o di una persona nel giro di pochi istanti.
Tutti gli errori da non fare
Ecco allora sette comportamenti privi di etica che vanno assolutamente evitati – o corretti il prima possibile – per non correre rischi. Perché alla lunga, l’etica conviene davvero.
- Non confondete le regole con la morale
Molto spesso, quando si parla di etica, si pensa che si discuta di “regole da rispettare”. È vero che talvolta le due cose coincidono, ma mentre le regole riguardano soltanto il rispetto delle leggi dello Stato in cui si opera (che sono per l’appunto variabili), al contrario l’etica riguarda valori universali immutabili, come la deontologia professionale, la moralità, l’onestà. Quindi, evitate di limitarvi al rigido rispetto delle norme. Al contrario impegnatevi affinché chi lavora con voi applichi realmente valori come l’educazione, la trasparenza, l’integrità, la coerenza. Essere sgarbati al telefono o sui social non viola alcuna legge dello Stato italiano, ma di certo non fa fare una bella figura al vostro brand. E anche questa è comunicazione.
- Mai dire bugie sul prodotto
Mentire sulle caratteristiche del proprio prodotto o servizio mina alla radice il rapporto di fiducia fra brand e consumatore, che è alla base di ogni business di successo. Una comunicazione di marketing etica, al contrario, aiuta il consumatore a procurarsi informazioni e strumenti oggettivi, con cui accrescere la propria consapevolezza e di conseguenza il proprio grado di libertà nel processo di acquisto. Se fate questo, il mercato ve lo riconoscerà e vi premierà senza dubbio. Al contrario, manipolare le scelte del consumatore con comunicazioni false o ambigue, incomplete o imprecise, può funzionare sul breve periodo. Ma prima o poi qualcuno se ne accorgerà e il passaparola sarà devastante.
- Non scaricate le colpe su altri
È un altro classico: è stata l’agenzia, è stato il grafico, è stato il centralinista, sono stati gli hacker o gli alieni… A parte che non funziona più, perché a forza di gridare al lupo adesso non ci crede più nessuno (nemmeno quando è vero), ma che immagine pensate di dare di del vostro brand? E non parlo soltanto dei clienti (che prima o poi verranno a sapere la verità, potete scommetterci), ma anche dei vostri fornitori e dipendenti, tirati in ballo come parafulmini perché a voi mancano l’onestà e il coraggio di assumervi la responsabilità di un errore.
Un vecchio adagio recita così: “L’uomo che fa molto sbaglia molto; l’uomo che fa poco sbaglia poco; l’uomo che non fa niente non sbaglia mai”. Gli errori, insomma, capitano e ammetterli è segno di forza. Anzi, se la comunicazione viene gestita bene, c’è il rischio che anche da una crisi si riescano a guadagnare miliardi di dollari, come è successo a Domino’s.
- Attenti all’immagine (anche alla fotografia, non soltanto alla reputation)
Cercare le immagini su Google e utilizzarle per la vostra comunicazione – specie sui social – è una prassi consolidata, ma sbagliata. E non soltanto perché si rischia grosso – saccheggiare la gallery di un professionista che condivide il proprio portfolio online è pesantemente sanzionato per violazione del copyright –, ma anche perché nella migliore delle ipotesi verremo sbeffeggiati per la nostra mancanza sia di etica sia di originalità, con tanto di screenshot che prova la nostra malafede (e quello sì che di norma va virale).
- Non inviate email o newsletter senza consenso
Annoso problema: come avete costruito il vostro database di contatti? Raccogliendo i biglietti da visita dei vostri stakeholders un po’ qui e un po’ là, tra fiere, congressi e business meeting? Ecco, scordatevi di poter usare questi indirizzi liberamente: vi manca il consenso del destinatario a ricevere le vostre comunicazioni. Il che non ha soltanto implicazioni etiche (non può essere il brand a scegliere con chi comunicare: è il destinatario che deve scegliere con quale brand interagire, altrimenti è spamming), ma anche legali: in Europa, chi invia email senza il consenso del destinatario rischia pesanti sanzioni che possono arrivare fino 10 milioni di euro (o comunque fino al 2% del volume d’affari globale registrato nell’anno precedente). Avete capito bene: fino a 10.000.000 di euro!
- Resistete alla tentazione delle recensioni false
In America la chiamano “astroturfing”, è illegale e c’è chi ha già dovuto pagare multe salatissime. Quella delle false recensioni, quindi, è una pratica diffusa, non del tutto immune da comprensibilissimi risvolti legali, ma decisamente deleteria anche sul piano etico. Per tutti, non soltanto per i clienti.
Infatti, quando un inesistente ristorante sul Garda finisce in testa alla classifica dei migliori locali recensiti da TripAdvisor, a rimetterci non sono i consumatori (nessuno può essere turlupinato da un ristorante immaginario), ma lo strumento in sé e i suoi inserzionisti: perde di fiducia il portale che consente le fake-review e perdono di fiducia anche i ristoranti recensiti, soprattutto – per assurdo – quelli con i punteggi più alti. Bell’affare vero?
- Evitate la censura
Eccezion fatta per trolling e flaming – i commenti offensivi o illegali vanno sempre censurati –, rispondere alle critiche “insabbiandole” è decisamente sconsigliabile. Anche in questo caso non si tratta soltanto di mancanza etica (mettere un bavaglio alla libertà di opinione dei nostri clienti ha il sapore amaro della dittatura), ma della ancor più grave mancanza di una strategia di comunicazione che faccia dell’ascolto e dei fatti le proprie armi migliori. Premesso, quindi, che tutto ciò che arriva in rete poi ci resterà a lungo qualunque cosa si faccia (ormai anche gli utenti meno hi-tech sanno come fare uno screenshot delle loro conversazioni online), l’azione più conveniente da intraprendere è quella di argomentare l’infondatezza delle critiche portando dati oggettivi e valide spiegazioni.