E’ giunta l’ora di rendere obbligatoria e condivisa la carta degli standard di qualità della ristorazione nella meeting & event industry. Del resto lo sappiamo, il 70% del successo di un evento – che si tratti di una convention, corso di formazione, fam trip, matrimonio – dipende dall’offerta ristorativa. Eppure ci sono aziende e/o, per loro conto, agenzie che pretendono di acquistare un coffee break completo a € 5,00 a persona, o un pranzo a massimo € 15,00 – € 17,00 a persona IVA inclusa.
La domanda che continua a ronzarmi in testa, e che proprio in questi giorni ho condiviso con colleghi planner e supplier durante piacevolissimi incontri di business, è: “com’è possibile pensare di speculare sulla salute dei partecipanti/ospiti quando l’attenzione alla qualità del cibo è entrata di diritto persino nelle scuole?”. Se dal punto di vista degli ospiti il buon bere e mangiare per qualità e quantità è ancora una condicio sine qua non, evidentemente non lo è per gli organizzatori di eventi fuori e dentro le aziende, che fanno richieste avulse dalla realtà.
Se prima del 2007 senza limiti di budget si è anche forse speculato sulle offerte ristorative, con probabili mark up faraonici, oggi in tempi di spending review questo modo di gestire i preventivi non è più concepibile. Da una parte le aziende tirano la coperta, dall’altra però vige la ferma volontà di fare sempre le nozze coi fichi secchi a serio discapito prima di tutto della salute, in un momento storico dove il richiamo al volersi bene e alla prevenzione del benessere psico-fisico è al primo posto.
A rimetterci l’intera filiera: l’hotel o la location che hanno food cost e manodopera da gestire, l’agenzia (se c’è) che ha bisogno della sua commissione o di markappare i costi perché ha fornito un servizio, l’azienda committente che deve monitorare i budget (magari senza una vera e propria pianificazione che farebbe risparmiare tempo e spese) o dimostrare di tagliare i costi, i partecipanti/ospiti che hanno aspettative sempre più elevate in funzione di una crisi economica che, anziché spegnere, continua imperterrita ad accendere i desideri e ad aumentare le esigenze personali e professionali.
Tuttavia non siamo tutti uguali nel pensare che di fronte a simili richieste si deve avere il coraggio di dire di NO al committente o richiedente, e non solo a tutela della propria immagine e brand reputation, ma del buon andamento del mercato, che in caso contrario viene bruciato dall’incompetenza. Perché di fatto esistono fornitori di servizi e anche agenzie disposti ad accettare richieste che necessariamente penalizzano non solo la location ma tutti gli stakeholder, partecipante incluso, che è di fatto il nostro primo cliente.
Ritengo sia arrivato il momento di rendere obbligatoria la carta della ristorazione della meeting & event industry, uno strumento di lavoro e di educazione al cibo e ai servizi che tuteli tutti e che guidi i clienti a comprendere meglio la compatibilità qualità/budget secondo parametri e standard “a partire da”, sotto i quali non è consentito scendere.